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Le migliori pareti del lecchese

Arrampicare in falesia a Lecco e dintorni

14 minuti di lettura
"Un meraviglioso contesto paesaggistico, una storia verticale più che centenaria e un “parco giochi” che conta oltre cento pareti attrezzate e migliaia di vie di ogni grado e stile. Questi gli elementi che, sin dagli anni 80, hanno fatto di Lecco e d’intorni un paradiso per gli appassionati dell’arrampicata sportiva..." Serafino Ripamonti, alpinista membro dell’esclusivo gruppo dei Ragni di Lecco, ci racconta le meraviglie verticali del lecchese.

Fin dalle origini dell’arrampicata sportiva il territorio lecchese è una delle capitali indiscusse di questa disciplina nel Nord Italia. È una questione di risorse naturali, certo. A fare da contorno alla scalata qui c’è quel Lago di Como che in tanti considerano uno dei più belli del mondo e, subito sopra le rive che si innalzano ripide dalle sue acque, un paesaggio splendido, nel quale dal verde dei boschi fa capolino una moltitudine di falesie di ogni dimensione, da quelle alte poche decine i metri fino alle pareti di dimensioni dolomitiche. 

Ancora più in alto montagne e cime dove il tempo e gli elementi hanno scolpito la roccia calcarea, generando una selva di creste, canaloni e pareti.

Il tutto situato al centro dell’arco alpino, a poche decine di chilometri dalle grandi città della pianura padana e spesso a portata di weekend per chi proviene dalle altre regioni del settentrione d’Italia o dai Paesi transalpini come Francia, Svizzera e Austria.

Non bastano però la bellezza e la centralità del territorio a spiegare il fascino intramontabile di questa destinazione e neppure la disponibilità quasi infinita di “materia prima” arrampicabile. Con il passare degli anni e il crescere del movimento turistico della scalata, non si può dire che sia mancata la concorrenza: un po’ ovunque a sud delle Alpi, sugli Appennini e lungo le coste mediterranee sono nati nuovi splendidi centri d’arrampicata. Eppure Lecco e il suo territorio non hanno mai perso il loro fascino e sono sempre rimasti una delle mete più frequentate.

Alpinisti da più di un secolo

A fare la differenza è qualcosa che non si vede, ma si respira nell’aria e nelle atmosfere dei luoghi: arrampicare a Lecco significa confrontarsi con più di un secolo di storia verticale. Qui, infatti, la scalata è una tradizione antica, qualcosa che appartiene all’identità più profonda di chi nasce e cresce nei paesi e nei quartieri che si sviluppano quasi sempre in pendenza, stretti fra lago e montagna, con le rocce che incombono proprio sopra i tetti delle case. Non c’è da stupirsi che l’escursionismo e l’arrampicata da queste parti siano sport popolari quanto il calcio!

Placca delle guide - Introbio

Francesco Maggi

Placca delle guide – Introbio


Placca delle guide - Introbio

Francesco Maggi

Placca delle guide – Introbio


Le pareti e le montagne che circondano il ramo orientale del Lario sono state la palestra di intere generazioni di scalatori lombardi. Lì hanno fatto il loro apprendistato alcuni dei nomi più famosi dell’alpinismo internazionale: personaggi come Riccardo Cassin, Walter Bonatti e Casimiro Ferrari, poi gli altri arrampicatori del mitico gruppo dei Ragni di Lecco, divenuti celebri per le loro imprese sulle montagne di tutto il mondo.

La rivoluzione dello spit è cominciata qui

Se la storia dell’alpinismo ha fatto tappa fra le vette lecchesi (le più rinomate sono la Grignetta, il Grignone e il Resegone) quella dell’arrampicata sportiva è passata dalle pareti situate nelle località di fondo valle o sulle rive del lago.

Sul finire degli anni 70 un gruppo eterogeneo di giovani scalatori, affascinati dalla “rivoluzione” nata fra le gole francesi del Verdon, cominciò a diffondere anche a Lecco l’etica e la tecnica dell’arrampicata contemporanea.

Le falesie che fino ad allora gli alpinisti tradizionali avevano ignorato perché non conducevano ad alcuna cima, diventarono il loro terreno di gioco: un universo ancora tutto da esplorare. Proprio lì vennero creati alcuni dei primi itinerari attrezzati a spit in Italia e quelle rocce, sino ad allora insignificanti, divennero uno straordinario laboratorio del gesto verticale e della difficoltà, dal quale sono usciti negli anni alcuni dei più forti climber italiani.

Il seme piantato da quei primi esploratori ha germogliato e prosperato, dando vita ad un vero e proprio giardino di roccia frequentato quotidianamente da centinaia di scalatori e nel quale oggi si contano ben più di cento pareti attrezzate per l’arrampicata sportiva e migliaia di vie, dallo stile di scalata e dalle difficoltà più diverse.

Occhio al clima!

Una delle caratteristiche che hanno decretato il successo di quest’area per l’arrampicata sportiva è la presenza di numerose pareti accessibili e ubicate in contesti di grande bellezza naturale, che offrono numerose vie di livello medio o medio-basso, quindi fruibili dalla gran parte dei praticanti. Ecco una selezione delle falesie più amate e frequentate.

Galbiate

È una delle falesie più gettonate.
Le ragioni le si comprendono già lungo il (breve) sentiero di avvicinamento: le pareti, infatti, si trovano nel Parco del Monte Barro, immerse fra boschi di castagno e prati perfettamente curati, con una splendida vista sui laghi briantei e la pianura, a breve distanza dal Museo Etnografico dell’Alta Brianza, che merita sicuramente una visita.

Si tratta di una falesia storica, chiodata alla fine degli Anni 80, dove lo stile tecnico di placca la fa da padrone. Nel giro di pochi minuti si possono raggiungere diversi settori con difficoltà per tutti, dal 5a all’8a.

  • Per chi scala sul grado 6c/7a imperdibili sono i lunghi ed estetici tiri sulla roccia bianca della Placconata.
  • Chi corteggia il grado 7 e 8 troverà pane per i propri denti sulle vie corte ed esplosive del Muro Giallo.
  • I settori Oasi e Quattro Tracce sono invece ideali per i principianti e per chi si destreggia sul grado 6.

Falesia di Galbiate

Francesco Maggi

Falesia di Galbiate


Falesia di Galbiate

Francesco Maggi

Falesia di Galbiate


Lariosauro

Anche in questo caso l’avvicinamento è “montagnino”: servono 45 minuti per arrivare alla parete, situata attorno ai 1100 metri di altitudine, alle pendici del Resegone.

La ricompensa di tanta fatica però sarà il privilegio di scalare su una delle rocce più spettacolari della zona, dove gli itinerari sono tutti di primissima qualità. Gocce, reglettes, buchi e concrezioni di ogni genere regalano all’arrampicata una varietà e un’eleganza difficilmente eguagliabili.

Si va dalle placche super tecniche ai tiri in strapiombo dove sono richieste doti di resistenza. Non mancano anche le vie sportive di più tiri. Tantissime alternative fra cui scegliere per chi scala sul grado 6, ma anche chi viaggia su livelli superiori non resterà deluso dalla bellezza degli itinerari a disposizione.

Le falesie più storiche

Forse non sono fra le più amene sotto l’aspetto paesaggistico e neppure fra le più apprezzabili secondo i criteri e lo stile della scalata oggi in voga, ma le falesie lecchesi nate negli Anni 80 (o anche prima), sono pezzi di roccia sui quali è stata scritta la storia di questo sport, ai quali è doveroso fare visita, come in un pellegrinaggio, e sui quali è bello cimentarsi per comprendere il livello e l’audacia dei pionieri.

Introbio

I primi spit del Lecchese sono comparsi qui, piantati nel 1981 da Marco Ballerini.
Su queste placche lisce e incise ogni tanto da qualche rara buca da lettera e reglette, la scalata tecnica e di equilibrio è regina.

Placca delle guide - Introbio

Francesco Maggi

Placca delle guide – Introbio


Oggi gli itinerari più facili del Sasso di Introbio (quelli fra il 6a e il 7a), per quanto sempre estetici ed elegantissimi, soffrono un po’ l’usura data dall’alta frequentazione.
Su quelli di grado superiore, però, state certi che non troverete affollamento: anche con il livello odierno sono pochi i climber che accettano la sfida frustrante di confrontarsi con questi 7b e 7c dove già capire come muoversi è una sfida non scontata e dove le probabilità di trovare l’aderenza e la concentrazione giuste per arrivare in catena senza resting è sempre remota.

Se, oltre a fare pellegrinaggio, avete anche intenzione di scalare, magari su itinerari meno scorbutici, attorno al sasso troverete diversi altri settori, con vie adatte anche a chi muove i primi passi in verticale.

Settore verticale nella falesia di Introbio

Francesco Maggi

Settore verticale nella falesia di Introbio


Settore verticale nella falesia di Introbio

Francesco Maggi

La placca di Introbio


Bastionata del Lago

Se si parla di storia dell’arrampicata sportiva nel Lecchese non si può non citare questa falesia.
Le vie del settore On the Road e Ertomania sono state il punto di riferimento per generazioni di climber e sono diventate il simbolo della cosiddetta “scuola del lago”, una scalata fatta di grande tecnica ed eleganza… e di una certa confidenza con gli spit distanti e i voli lunghi.

Su queste vie i gradi non sono mai regalati (anzi!) e a volte anche solo andare da uno spit al successivo è una sfida con sé stessi e le proprie paure. Qui per divertirsi serve almeno un solido 6c/7a a vista, ma la soddisfazione di portarsi a casa una di queste pietre miliari è impagabile!

Falesia discoteca vicino alla bastionata del lago

Francesco Maggi

Falesia discoteca vicino alla bastionata del lago


Falesia discoteca vicino alla bastionata del lago

Francesco Maggi

Falesia discoteca vicino alla bastionata del lago


Zucco dell’Angelone

Chi vuole confrontarsi con la migliore tradizione della scalata lecchese senza per forza dover affrontare itinerari di alto livello tecnico, qui trova il proprio terreno ideale.

L’Angelone è un piccolo mondo di pareti e paretine disperse fra i boschi, dove, sin dalla fine degli Anni 70, si è cominciata a sperimentare l’arrampicata “senza vetta”. Abbondano i monotiri e le vie multipitch su gradi molto accessibili (anche di livello 3), spesso su placche appoggiate ricche di fessure ed erosioni.

Falesia Zucco dell'Angelone

Francesco Maggi

Falesia Zucco dell’Angelone


Falesia Zucco dell'Angelone

Francesco Maggi

Falesia Zucco dell’Angelone


Il livello sale con l’inclinazione della parete e abbondano i gradi 6 dove bisogna sfoderare una tecnica sopraffina nell’uso dei piedi. Dove la roccia comincia a strapiombare (come nel settore Lo Specchio del Grifone) si trova invece una notevole concentrazione di vie di alta ed estrema difficoltà.

Corno del Nibbio

Cento anni di storia verticale condensati su un’unica parete.
Sin dagli Anni 30 il Nibbio, uno scoglio di roccia alto circa 90 metri e situato ai Piani dei Resinelli, ai piedi della Grignetta, è la palestra degli arrampicatori lecchesi e lombardi. Qui i più forti scalatori di ogni generazione hanno lasciato la loro firma, a partire da personaggi mitici come Emilio Comici e Riccardo Cassin.

Oggi tutte le vie del Nibbio sono attrezzate sistematicamente nell’ottica dell’arrampicata sportiva, ma tanto la chiodatura quanto lo stile di scalata sono decisamente esigenti (difficile divertirsi con un livello a vista inferiore al 6c).

Le vie un tempo salite in artificiale oggi offrono una scalata atletica in fessura. Gli itinerari tracciati a partire dagli Anni 80 affrontano invece i muri strapiombanti a tacche. La quota elevata e l’esposizione nord ne fanno lo spot preferito nel territorio lecchese per i mesi più caldi dell’anno.

Le falesie più fresche

Visto che una delle “pecche” del territorio è proprio la carenza di falesie esposte a nord o comunque frequentabili nei periodi più caldi, proponiamo una piccola selezione di luoghi dove poter sopravvivere alla giornata di scalata anche quando la colonnina di mercurio tende ai 30 gradi centigradi e oltre… Del Nibbio, falesia estiva per eccellenza, abbiamo già parlato nel paragrafo precedente, data la sua storicità; non mancano però altri luoghi dove rifugiarsi per trovare un po’ di frescura.

Era Glaciale

Un nome un programma!
Una piccola falesia esposta a nord e situata a 800 metri di quota, facilmente raggiungibile dalla stazione a monte della cabinovia dei Piani di Bobbio, in Valsassina. Si scala su ottima roccia lavorata a buchi, su muri verticali intervallati da piccoli tetti.

Sulla parete sono stati attrezzati 20 tiri con difficoltà media attorno al 6a/6b che la rendono fruibile dalla maggior parte degli scalatori di medio livello. I tiri più difficili (che arrivano fino al 7c) danno soddisfazione anche a chi cerca un maggiore ingaggio.

Falesie Era Glaciale

Francesco Maggi

Falesie Era Glaciale


Falesie Era Glaciale

Francesco Maggi

Falesia delle marmotte (con gradi da principianti) vicino all’Era Glaciale


Falesia del Leves

Ci spostiamo nel Triangolo Lariano, sulle alture sopra la sponda del lago opposta a quella lecchese.
La falesia si trova nelle vicinanze dell’abitato di Castel del Leves, a 800 metri di altitudine, in magnifica posizione panoramica, con esposizione nordest.

L’estate è dunque il periodo ideale per questo spot. In tutto i tiri attrezzati sono 26, con prevalenza di vie dal 6a al 6c. Buone possibilità di divertirsi anche per chi scala sul grado 7 e un assaggino di 8a per i climber più performanti.

Valbrona

Nell’area del Triangolo Lariano, affacciata sul ramo orientale del lago, si torva la falesia di Valbrona, che, grazie alla sua esposizione nordest e ai suoi circa 50 tiri, è il rifugio di molti climber lecchesi nei lunghi pomeriggi estivi, purché il clima non sia troppo afoso.

La parete, infatti, si sviluppa su due fasce rocciose sovrapposte, ma sempre immerse nel bosco, che tende a trattenere l’umidità. Il luogo è adatto per scalatori di livello medio e alto, vista la concentrazione di vie di grado 7 e 8. Qualche tiro è abbordabile anche per chi scala sul grado 6, ma l’arrampicata è sempre molto difficile ed esigente.

Falesia dell'Antimedale - climber Luigi Peverelli

Marco Ravarino

Falesia dell’Antimedale – climber Luigi Peverelli


Falesia dell'Antimedale - climber Luigi Peverelli

Marco Ravarino

Le guide di arrampicata

La bibbia delle falesie lecchesi è certamente la guida “Lario Rock Falesie”, curata da Eugenio Pesci e Pietro Buzzoni, pubblicata nel 2018 dalle edizioni Versante Sud.

Sul web le informazioni più complete e costantemente aggiornate sono disponibili consultando il portale Larioclimb.paolo-sonja.net, ricchissimo di relazioni e approfondimenti e che mette a disposizione un’utilissima mappa interattiva dove è possibile scegliere la propria destinazione attraverso una selezione multipla di differenti paramenti (esposizione, difficoltà, bellezza, periodo consigliato, lunghezza dell’avvicinamento, ecc.).

Punti di appoggio

Vista la vocazione turistica del territorio non è difficile trovare punti di appoggio per la ristorazione e il pernottamento. Diversi sono i campeggi, soprattutto lungo le sponde del lago e non mancano i B&B e gli agriturismi. Tutte le informazioni utili per un soggiorno sul territorio si possono trovare sul portale del Sistema turistico del Lago di Como: Lakecomo.it.

Segnaliamo inoltre la palestra di arrampicata gestita dai Ragni di Lecco, che si trova proprio in città, utile punto di appoggio nei giorni di pioggia, dove potrete anche trovare sicuramente consigli e informazioni utili per le vostre scalate.

Altri articoli per arrampicare in Italia:

Fin dalle origini dell’arrampicata sportiva il territorio lecchese è una delle capitali indiscusse di questa disciplina nel Nord Italia. È una questione di risorse naturali, certo. A fare da contorno alla scalata qui c’è quel Lago di Como che in tanti considerano uno dei più belli del mondo e, subito sopra le rive che si innalzano ripide dalle sue acque, un paesaggio splendido, nel quale dal verde dei boschi fa capolino una moltitudine di falesie di ogni dimensione, da quelle alte poche decine i metri fino alle pareti di dimensioni dolomitiche. 

Ancora più in alto montagne e cime dove il tempo e gli elementi hanno scolpito la roccia calcarea, generando una selva di creste, canaloni e pareti.

Il tutto situato al centro dell’arco alpino, a poche decine di chilometri dalle grandi città della pianura padana e spesso a portata di weekend per chi proviene dalle altre regioni del settentrione d’Italia o dai Paesi transalpini come Francia, Svizzera e Austria.

Non bastano però la bellezza e la centralità del territorio a spiegare il fascino intramontabile di questa destinazione e neppure la disponibilità quasi infinita di “materia prima” arrampicabile. Con il passare degli anni e il crescere del movimento turistico della scalata, non si può dire che sia mancata la concorrenza: un po’ ovunque a sud delle Alpi, sugli Appennini e lungo le coste mediterranee sono nati nuovi splendidi centri d’arrampicata. Eppure Lecco e il suo territorio non hanno mai perso il loro fascino e sono sempre rimasti una delle mete più frequentate.

Alpinisti da più di un secolo

A fare la differenza è qualcosa che non si vede, ma si respira nell’aria e nelle atmosfere dei luoghi: arrampicare a Lecco significa confrontarsi con più di un secolo di storia verticale. Qui, infatti, la scalata è una tradizione antica, qualcosa che appartiene all’identità più profonda di chi nasce e cresce nei paesi e nei quartieri che si sviluppano quasi sempre in pendenza, stretti fra lago e montagna, con le rocce che incombono proprio sopra i tetti delle case. Non c’è da stupirsi che l’escursionismo e l’arrampicata da queste parti siano sport popolari quanto il calcio!

Le pareti e le montagne che circondano il ramo orientale del Lario sono state la palestra di intere generazioni di scalatori lombardi. Lì hanno fatto il loro apprendistato alcuni dei nomi più famosi dell’alpinismo internazionale: personaggi come Riccardo Cassin, Walter Bonatti e Casimiro Ferrari, poi gli altri arrampicatori del mitico gruppo dei Ragni di Lecco, divenuti celebri per le loro imprese sulle montagne di tutto il mondo.

La rivoluzione dello spit è cominciata qui

Se la storia dell’alpinismo ha fatto tappa fra le vette lecchesi (le più rinomate sono la Grignetta, il Grignone e il Resegone) quella dell’arrampicata sportiva è passata dalle pareti situate nelle località di fondo valle o sulle rive del lago.

Sul finire degli anni 70 un gruppo eterogeneo di giovani scalatori, affascinati dalla “rivoluzione” nata fra le gole francesi del Verdon, cominciò a diffondere anche a Lecco l’etica e la tecnica dell’arrampicata contemporanea.

Le falesie che fino ad allora gli alpinisti tradizionali avevano ignorato perché non conducevano ad alcuna cima, diventarono il loro terreno di gioco: un universo ancora tutto da esplorare. Proprio lì vennero creati alcuni dei primi itinerari attrezzati a spit in Italia e quelle rocce, sino ad allora insignificanti, divennero uno straordinario laboratorio del gesto verticale e della difficoltà, dal quale sono usciti negli anni alcuni dei più forti climber italiani.

Il seme piantato da quei primi esploratori ha germogliato e prosperato, dando vita ad un vero e proprio giardino di roccia frequentato quotidianamente da centinaia di scalatori e nel quale oggi si contano ben più di cento pareti attrezzate per l’arrampicata sportiva e migliaia di vie, dallo stile di scalata e dalle difficoltà più diverse.

Occhio al clima!

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Per chi vuole organizzare una vacanza<\/strong> fra le falesie lecchesi il primo elemento da valutare con attenzione è il clima.<\/p>\r\n\r\n\r\n\r\n

L’orografia e la geologia del territorio, infatti, fanno sì che gran parte delle pareti sia rivolta a sud o a ovest<\/strong>, quindi esposta al sole per buona parte della giornata. Inoltre molte delle falesie più apprezzate si trovano a quote piuttosto modeste, ben al di sotto dei 1000 metri di altitudine<\/strong>. <\/p>\r\n\r\n\r\n\r\n

Insomma, l’estate non è esattamente il periodo più adatto per fare arrampicata sportiva nel Lecchese, anche se, come vedremo nei prossimi paragrafi, non manca qualche bella e fresca parete dove cimentarsi. Anzi, alcune di queste, come il Corno del Nibbio<\/strong>, sono veri e propri “templi della scalata<\/strong>”, dove una visita è praticamente obbligatoria.<\/p>\r\n\r\n\r\n\r\n

Ideali sono comunque le mezze stagioni<\/strong>, ma i climber più performanti apprezzeranno anche le belle giornate invernali<\/strong>, quando l’aria secca e le basse temperature regalano un’aderenza perfetta.<\/p>\r\n\r\n\r\n\r\n

Ovviamente qui si sta parlando solo della scalata in falesia<\/strong>, per chi vuole dedicarsi a salite di stampo più alpinistico sulla Grignetta e sul Grignone<\/strong> non mancano opportunità in ogni stagione dell’anno. Fatta questa indispensabile premessa passiamo ai consigli pratici e alla proposta delle migliori falesie dove praticare la scalata nel Lecchese.<\/p>\r\n“, “_text”: “text”, “image”: 5795, “_image”: “field_image”, “caption”: “Falesia dell’Antimedale climber Luigi Peverelli”, “_caption”: “caption”, “wide”: “1”, “_wide”: “wide” }, “align”: “”, “mode”: “edit” } /–>

Le falesie più amate

Una delle caratteristiche che hanno decretato il successo di quest’area per l’arrampicata sportiva è la presenza di numerose pareti accessibili e ubicate in contesti di grande bellezza naturale, che offrono numerose vie di livello medio o medio-basso, quindi fruibili dalla gran parte dei praticanti. Ecco una selezione delle falesie più amate e frequentate.

Galbiate

È una delle falesie più gettonate.
Le ragioni le si comprendono già lungo il (breve) sentiero di avvicinamento: le pareti, infatti, si trovano nel Parco del Monte Barro, immerse fra boschi di castagno e prati perfettamente curati, con una splendida vista sui laghi briantei e la pianura, a breve distanza dal Museo Etnografico dell’Alta Brianza, che merita sicuramente una visita.

Si tratta di una falesia storica, chiodata alla fine degli Anni 80, dove lo stile tecnico di placca la fa da padrone. Nel giro di pochi minuti si possono raggiungere diversi settori con difficoltà per tutti, dal 5a all’8a.

  • Per chi scala sul grado 6c/7a imperdibili sono i lunghi ed estetici tiri sulla roccia bianca della Placconata.
  • Chi corteggia il grado 7 e 8 troverà pane per i propri denti sulle vie corte ed esplosive del Muro Giallo.
  • I settori Oasi e Quattro Tracce sono invece ideali per i principianti e per chi si destreggia sul grado 6.

Lariosauro

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Chiodata nei primi anni 2000, questa parete è diventata in breve tempo un must della scalata nel Lecchese<\/strong>. <\/p>\r\n\r\n\r\n\r\n

Merito della posizione, affacciata sul ramo orientale del Lario, con ampi panorami sulle montagne d’intorno, e dello stile di arrampicata, che offre lunghi tiri tecnici e di continuità<\/strong>, su bella roccia verticale<\/strong> e rare sezioni strapiombanti<\/strong>. <\/p>\r\n\r\n\r\n\r\n

L’area è costituita da sei settori<\/strong>, molto vicini fra loro, dove chi scala su gradi compresi fra il 6a e il 7a<\/strong> non ha che l’imbarazzo della scelta. <\/p>\r\n\r\n\r\n\r\n

  • Un’unica raccomandazione<\/strong>: i settori si trovano sotto ad un’alta e articolata parete dalla quale non sono rare le scariche di pietre.
    L’uso del casco <\/strong>per chi arrampica e per chi sosta alla base è quindi più che consigliato.<\/li><\/ul>\r\n\r\n\r\n

    Vaccarese<\/h2>\r\n\r\n\r\n\r\n

    Arrivarci non è proprio una passeggiatina, ma ne vale sicuramente la pena!
    Nonostante l’avvicinamento non proprio falesistico<\/strong> (circa 50 minuti dall’auto) questo è, dagli anni 90, uno degli spot più amati dai climber. <\/p>\r\n\r\n\r\n\r\n

    Anche in questo caso gioca un ruolo non indifferente il contesto paesaggistico. Le pareti si trovano a circa 1100 metri di quota<\/strong>, in posizione soleggiata e riparata<\/strong>, cosa che le rende frequentabili per gran parte dell’anno, e la vista spazia sulla Valsassina e sulla vicina Grignetta. <\/p>\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n

    Il Vaccarese è il regno del grado 6,<\/strong> con oltre quaranta vie fra il 6a e il 6c, <\/strong>tutte su bella roccia verticale e strapiombante a liste e tacche<\/strong>. Non mancano numerosi itinerari adatti ai principianti<\/strong> e anche a chi scala su livelli più alti (diversi tiri di 7a e 7b<\/strong>, purtroppo spesso scavati e bricolati…).<\/p>\r\n“, “_text”: “text”, “image”: 5773, “_image”: “field_image”, “caption”: “Falesia del Lariosauro, climber Samuel Fortunato”, “_caption”: “caption”, “wide”: “1”, “_wide”: “wide” }, “align”: “”, “mode”: “preview” } /–>

    Parete Stoppani

    Anche in questo caso l’avvicinamento è “montagnino”: servono 45 minuti per arrivare alla parete, situata attorno ai 1100 metri di altitudine, alle pendici del Resegone.

    La ricompensa di tanta fatica però sarà il privilegio di scalare su una delle rocce più spettacolari della zona, dove gli itinerari sono tutti di primissima qualità. Gocce, reglettes, buchi e concrezioni di ogni genere regalano all’arrampicata una varietà e un’eleganza difficilmente eguagliabili.

    Si va dalle placche super tecniche ai tiri in strapiombo dove sono richieste doti di resistenza. Non mancano anche le vie sportive di più tiri. Tantissime alternative fra cui scegliere per chi scala sul grado 6, ma anche chi viaggia su livelli superiori non resterà deluso dalla bellezza degli itinerari a disposizione.

    Le falesie più storiche

    Forse non sono fra le più amene sotto l’aspetto paesaggistico e neppure fra le più apprezzabili secondo i criteri e lo stile della scalata oggi in voga, ma le falesie lecchesi nate negli Anni 80 (o anche prima), sono pezzi di roccia sui quali è stata scritta la storia di questo sport, ai quali è doveroso fare visita, come in un pellegrinaggio, e sui quali è bello cimentarsi per comprendere il livello e l’audacia dei pionieri.

    Introbio

    I primi spit del Lecchese sono comparsi qui, piantati nel 1981 da Marco Ballerini.
    Su queste placche lisce e incise ogni tanto da qualche rara buca da lettera e reglette, la scalata tecnica e di equilibrio è regina.

    Oggi gli itinerari più facili del Sasso di Introbio (quelli fra il 6a e il 7a), per quanto sempre estetici ed elegantissimi, soffrono un po’ l’usura data dall’alta frequentazione.
    Su quelli di grado superiore, però, state certi che non troverete affollamento: anche con il livello odierno sono pochi i climber che accettano la sfida frustrante di confrontarsi con questi 7b e 7c dove già capire come muoversi è una sfida non scontata e dove le probabilità di trovare l’aderenza e la concentrazione giuste per arrivare in catena senza resting è sempre remota.

    Se, oltre a fare pellegrinaggio, avete anche intenzione di scalare, magari su itinerari meno scorbutici, attorno al sasso troverete diversi altri settori, con vie adatte anche a chi muove i primi passi in verticale.

    Bastionata del Lago

    Se si parla di storia dell’arrampicata sportiva nel Lecchese non si può non citare questa falesia.
    Le vie del settore On the Road e Ertomania sono state il punto di riferimento per generazioni di climber e sono diventate il simbolo della cosiddetta “scuola del lago”, una scalata fatta di grande tecnica ed eleganza… e di una certa confidenza con gli spit distanti e i voli lunghi.

    Su queste vie i gradi non sono mai regalati (anzi!) e a volte anche solo andare da uno spit al successivo è una sfida con sé stessi e le proprie paure. Qui per divertirsi serve almeno un solido 6c/7a a vista, ma la soddisfazione di portarsi a casa una di queste pietre miliari è impagabile!

    Zucco dell’Angelone

    Chi vuole confrontarsi con la migliore tradizione della scalata lecchese senza per forza dover affrontare itinerari di alto livello tecnico, qui trova il proprio terreno ideale.

    L’Angelone è un piccolo mondo di pareti e paretine disperse fra i boschi, dove, sin dalla fine degli Anni 70, si è cominciata a sperimentare l’arrampicata “senza vetta”. Abbondano i monotiri e le vie multipitch su gradi molto accessibili (anche di livello 3), spesso su placche appoggiate ricche di fessure ed erosioni.

    Il livello sale con l’inclinazione della parete e abbondano i gradi 6 dove bisogna sfoderare una tecnica sopraffina nell’uso dei piedi. Dove la roccia comincia a strapiombare (come nel settore Lo Specchio del Grifone) si trova invece una notevole concentrazione di vie di alta ed estrema difficoltà.

    Corno del Nibbio

    Cento anni di storia verticale condensati su un’unica parete.
    Sin dagli Anni 30 il Nibbio, uno scoglio di roccia alto circa 90 metri e situato ai Piani dei Resinelli, ai piedi della Grignetta, è la palestra degli arrampicatori lecchesi e lombardi. Qui i più forti scalatori di ogni generazione hanno lasciato la loro firma, a partire da personaggi mitici come Emilio Comici e Riccardo Cassin.

    Oggi tutte le vie del Nibbio sono attrezzate sistematicamente nell’ottica dell’arrampicata sportiva, ma tanto la chiodatura quanto lo stile di scalata sono decisamente esigenti (difficile divertirsi con un livello a vista inferiore al 6c).

    Le vie un tempo salite in artificiale oggi offrono una scalata atletica in fessura. Gli itinerari tracciati a partire dagli Anni 80 affrontano invece i muri strapiombanti a tacche. La quota elevata e l’esposizione nord ne fanno lo spot preferito nel territorio lecchese per i mesi più caldi dell’anno.

    Le falesie più fresche

    Visto che una delle “pecche” del territorio è proprio la carenza di falesie esposte a nord o comunque frequentabili nei periodi più caldi, proponiamo una piccola selezione di luoghi dove poter sopravvivere alla giornata di scalata anche quando la colonnina di mercurio tende ai 30 gradi centigradi e oltre… Del Nibbio, falesia estiva per eccellenza, abbiamo già parlato nel paragrafo precedente, data la sua storicità; non mancano però altri luoghi dove rifugiarsi per trovare un po’ di frescura.

    Era Glaciale

    Un nome un programma!
    Una piccola falesia esposta a nord e situata a 800 metri di quota, facilmente raggiungibile dalla stazione a monte della cabinovia dei Piani di Bobbio, in Valsassina. Si scala su ottima roccia lavorata a buchi, su muri verticali intervallati da piccoli tetti.

    Sulla parete sono stati attrezzati 20 tiri con difficoltà media attorno al 6a/6b che la rendono fruibile dalla maggior parte degli scalatori di medio livello. I tiri più difficili (che arrivano fino al 7c) danno soddisfazione anche a chi cerca un maggiore ingaggio.

    Falesia del Leves

    Ci spostiamo nel Triangolo Lariano, sulle alture sopra la sponda del lago opposta a quella lecchese.
    La falesia si trova nelle vicinanze dell’abitato di Castel del Leves, a 800 metri di altitudine, in magnifica posizione panoramica, con esposizione nordest.

    L’estate è dunque il periodo ideale per questo spot. In tutto i tiri attrezzati sono 26, con prevalenza di vie dal 6a al 6c. Buone possibilità di divertirsi anche per chi scala sul grado 7 e un assaggino di 8a per i climber più performanti.

    Valbrona

    Nell’area del Triangolo Lariano, affacciata sul ramo orientale del lago, si torva la falesia di Valbrona, che, grazie alla sua esposizione nordest e ai suoi circa 50 tiri, è il rifugio di molti climber lecchesi nei lunghi pomeriggi estivi, purché il clima non sia troppo afoso.

    La parete, infatti, si sviluppa su due fasce rocciose sovrapposte, ma sempre immerse nel bosco, che tende a trattenere l’umidità. Il luogo è adatto per scalatori di livello medio e alto, vista la concentrazione di vie di grado 7 e 8. Qualche tiro è abbordabile anche per chi scala sul grado 6, ma l’arrampicata è sempre molto difficile ed esigente.

    Le guide di arrampicata

    La bibbia delle falesie lecchesi è certamente la guida “Lario Rock Falesie”, curata da Eugenio Pesci e Pietro Buzzoni, pubblicata nel 2018 dalle edizioni Versante Sud.

    Sul web le informazioni più complete e costantemente aggiornate sono disponibili consultando il portale Larioclimb.paolo-sonja.net, ricchissimo di relazioni e approfondimenti e che mette a disposizione un’utilissima mappa interattiva dove è possibile scegliere la propria destinazione attraverso una selezione multipla di differenti paramenti (esposizione, difficoltà, bellezza, periodo consigliato, lunghezza dell’avvicinamento, ecc.).

    Punti di appoggio

    Vista la vocazione turistica del territorio non è difficile trovare punti di appoggio per la ristorazione e il pernottamento. Diversi sono i campeggi, soprattutto lungo le sponde del lago e non mancano i B&B e gli agriturismi. Tutte le informazioni utili per un soggiorno sul territorio si possono trovare sul portale del Sistema turistico del Lago di Como: Lakecomo.it.

    Segnaliamo inoltre la palestra di arrampicata gestita dai Ragni di Lecco, che si trova proprio in città, utile punto di appoggio nei giorni di pioggia, dove potrete anche trovare sicuramente consigli e informazioni utili per le vostre scalate.

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